Sant’Arpino, editoriale V. (elezioni) Non abbiamo ancora un programma ma abbiamo un ottimo sostrato di accuse reciproche e di insegnamenti tardivi su come si amministra un ente pubblico

SANT'ARPINO. “Ogni problema ha tre soluzioni: la mia soluzione, la tua soluzione e la soluzione giusta.”

Questo diceva Platone, nel ragionare quanto fosse importante spogliarsi dei propri interessi personali per giungere alla realizzazione di una finalità più ampia e condivisa, utile per una comunità. Potrebbe essere uno slogan appropriato per il momento che stiamo vivendo. Nella dimensione nazionale come in quella locale.

Il Governo, nella gestione di una pandemia che sembra protrarsi più di quanto medici e virologi avessero previsto in origine per via di queste varianti piovute dall’alto, sta valutando varie soluzioni le quali fanno litigare gli attori di questa maggioranza proprio a causa di quanto il nostro filosofo ci ha suggerito: porto la mia soluzione, porta la tua soluzione e poi vediamo se ce n’è un’altra che sia quella giusta, che di certo non sarà né la mia, né la tua. E se così fosse litighiamo. E il popolo muore nell’inerzia della mancanza di una guida sicura in una tempesta che non è perfetta ma infinita.

La situazione locale non è tanto diversa. Abbiamo la soluzione di uno, poi la soluzione di un altro, ma probabilmente manca quella giusta. Anche perché, seppur i tempi sono probabilmente non ancora maturi, non è arrivata nessuna “soluzione” che sia davvero adatta al contesto.

Non abbiamo ancora un’ombra di programma (certo, come è stato detto non è ancora il momento, ma il rinnovo delle cariche amministrative sarà tra sei mesi non un anno, toglici poi i mesi di vacanza a cui di certo nessuno rinuncerà con o senza il virus in circolazione) ma abbiamo un ottimo sostrato di accuse reciproche e di insegnamenti tardivi su come si amministra un ente pubblico.

Non abbiamo ancora dei nomi certi su cui il popolo possa orientare una prima scelta in attesa di renderla poi definitiva, ma abbiamo un’accozzaglia di pettegolezzi circa quello o quella, che oggi si dichiarano candidati ufficiali e domattina rimangiano la disponibilità (e quando va bene lo fanno i diretti interessati, altrimenti quando va male ci pensa qualcuno che non ha nulla a che vedere né con loro, né con l’impegno politico in generale).

Quindi cosa si potrebbe chiedere in un momento difficile come questo a coloro che si stanno coinvolgendo nel tessuto politico locale? Una cosa semplice: coraggio!

Perché abbiamo dimenticato che per impegnarsi in una cosa del genere ci vuole coraggio. Coraggio nelle scelte, coraggio nell’azione, coraggio nello schieramento. Però non va nemmeno dimenticato che di tempo ce n’è poco. E che il popolo è allo stremo. Le ultime cose che farebbero bene ad un contesto come il nostro è proprio l’incertezza e la codardia. Non abbiamo bisogno né dell’una, né dell’altra, come se non ce ne fosse stato propinato già abbastanza in tutti i modi.

Avanti dunque a coloro che hanno coraggio. E a un programma. Pochi punti, ma chiari ed utili.

V.

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